Geometrie e forme nella ceramica

15-30 settembre 2007 - Chiesa dei Cappuccini

Castellazzo Bormida

Ceramica smaltata - terza cottura

"Natività" cm. 200 x cm. 120

Il manufatto, composto di 60 mattonelle dove l'artista rappresenta una natività, valorizza uno studio sul "Segno" come valore espressivo della linea.

( Linea "Funzionale" -  Parrasio IV - V Sec. AC.). Il personaggio citato valorizza anche quelle parti che si celano

nella rappresentazione di una composizione mettendo in risalto i piani di profondità in quelle tematiche della "pittura vascolare" - Atene - periodo classico.

Anche in questa rappresentazione teatrale, l'artista Giovanni Massolo è alla ricerca scenografica, pittorica - grafica della linea,che rappresenta in un modo corretto e con una certa flessibilità e sensibilità del tratto lineare dove vuole creare la profondità di campo evidenziando solamente il TRATTO.

 

Alla luce del segno: il presepe in ceramica di Giovanni Massolo  per  la Prefettura di Alessandria

Plinio il Vecchio racconta di una gara di maestria pittorica tra Zeusi e Parrasio: il primo dipinse dei grappoli d’uva tali da ingannare gli uccelli, che si misero a svolazzare intorno al quadro;il secondo rappresentò una tenda con tanto verismo che il suo stesso rivale chiese di sollevarla per poter vedere il dipinto. In effetti l’importanza di Parrasio, pittore greco del V - IV sec. a.C.,è legata alla soluzione originale data al volume e al movimento nella ricerca di una spazialità tridimensionale.

Soprattutto nella sua produzione vascolare, egli sfruttò alla perfezione le linee di contorno “funzionali”, cioè con valore plastico, adeguandosi alla mentalità teatrale che si andava allora affermando. Di qui l’assimilazione delle figure a personaggi compresi nello spazio scenico; di qui la valorizzazione della plasticità delle immagini in un ambiente che le circondi. “La linea di contorno – spiega Plinio – deve come girare su se stessa e finire in modo da lasciare immaginare altri piani dietro di sé e da mostrare anche quelle parti che non rivela”.

Ebbene, a dimostrazione del fatto che nulla è più nuovo ( o moderno ) dell’antico, Giovanni Massolo per il suo presepe in ceramica si è ispirato all’artista di Efeso. Nondimeno, a dimostrare che nell’arte antico e nuovo, modernità e tradizione, spesso convivono richiamandosi a vicenda in un insondabile gioco di sponda, all’origine della composizione del pittore castellazzese ( ma con radici liguri ) sta il ricordo della ceramica bianca e forse anche delle vetrate viste nella cappella del Rosario di Saint-Paul de Vence, squisita opera di Matisse, il cui stile si raffina e si spiritualizza all’estremo a contatto con l’inondazione luminosa che investe l’ambiente. Il sortilegio della luce anima i tratti neri del disegno che si stagliano sulle bianche pareti e li trascolora magicamente a seconda del variare della sua intensità. Così anche Massolo affida a cangianti fasci di luce la declinazione atmosferica del suo presepe, scegliendo di proposito, a supporto del suo disegno,il candore della ceramica smaltata, in modo da valorizzare, a sua volta, le potenzialità espressive della linea funzionale.

Il presepe è nel complesso abbastanza tradizionale, con la Vergine e San Giuseppe che si stringono, premurosi e protettivi, intorno al Bambino appena nato e, sulla destra, uno scorcio di capannuccia con l’asino e il bue; qua e là cespi aridi e, in lontananza, tra le ondulazioni del deserto, un esile svettare di palme. Da sinistra spiove superna la luce. Tutto è affidato alla sagacia del segno: la scena familiare si accampa su una profondità illimitata che ne accentua il raccoglimento e ne rende accorata la solitudine. In un rettangolo ( cm 200 x 1,20 ) di sessanta mattonelle di ceramica smaltata, trattata con ossidi di piombo stemperati in essenza di trementina e cotta  quindi a ottocento gradi ( dalla Fabbrica Mazzotti di Albissola Marina ), Massolo, con grande economia di mezzi, ha così rappresentato il mistero della Natività nel solco – dicevamo – della tradizione; ma si tratta, in realtà, di una tradizione rinnovata dall’interno, risignificata alla luce di tecniche per certi versi inedite. E’ infatti la luce ad arricchire il quadro di cromatismi insospettati, a strapparlo alla sua staticità con il valore aggiunto del dinamismo temporale. In questo l’artista è anche profondamente popolare, in quanto, grazie a questa “futuristica” soluzione, recupera alla pittura la tradizione natalizia del teatrino domestico ed ecclesiale, la plasticità un po’ naive dei presepi d’autrefois, senza peraltro indulgere ai vezzi del pittoresco, allo sfarzo dei costumi, all’esotismo di maniera. Bastano pochi tocchi, con il segno che ora si affina ora si ispessisce in un accenno di chiaroscuro e, per il resto, la prospettiva dà respiro alla scena. Se anche gli arbusti sono scarni, se all’intorno il deserto si estende a vista d’occhio, se nessuna presenza umana conforta la sacra famiglia, non ha importanza: una luce si è accesa, e quella che irradia la scena ne è solo una timida metafora

                                                                                                               CARLO PROSPERI  

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